Autore: Luigi Graziano Di Matteo • 08/11/2025 11:30
Angelo Mellone è un giornalista, dirigente televisivo e scrittore di Taranto.
Ha conseguito la Laurea in Scienze politiche presso l’università Luiss “Guido Carli” di Roma e successivamente anche un dottorato di ricerca in Sociologia della Comunicazione presso l'Università “Cesare Alfieri” di Firenze.
Da maggio 2023, Mellone è Direttore della Direzione Intrattenimento Day Time in Rai.
Mellone è stato assunto in Rai nell’aprile del 2010, in qualità di Dirigente presso la Direzione Radio con l'incarico di responsabile dell'area "Attività Diversificate". Nel maggio 2013 è stato assegnato alla direzione di Rai 2, e nel novembre dello stesso anno, ha iniziato ad operare all’interno del Day Time di Rai 1, di cui oggi è responsabile anche delle Rubriche e Valorizzazione Territorio (in qualità di Vicedirettore).
In parallelo con il suo lavoro in ambito televisivo, dal 2022 è Direttore artistico di "UmbriaLibri" e Presidente della Lucania Film Commission, ed insegna "Teoria e tecnica della comunicazione televisiva e radiofonica" presso l'Università di Salerno.
Caro Direttore, benvenuto ad InItaly, il magazine che promuove le eccellenze italiane ed il Made in Italy.
Ci racconta in che modo il suo lavoro contribuisce, attraverso i programmi Rai, a portare alla scoperta delle meraviglie italiane?
Dal 2017 sono il responsabile di tutti i programmi che abbiamo definito “di territorio”, che raccontano l'identità italiana in tutte le sue forme.
Quando ho preso quei programmi, erano programmi di nicchia: parlavano di agricoltura, di pesca, di ambiente, come se fossero programmi a impostazione tecnica. E noi, anche attraverso l'aiuto di poeti, scrittori, sceneggiatori, personalità del mondo culturale, che ho fatto entrare in azienda come collaboratori, abbiamo rivoluzionato il modo di raccontare il territorio.
Questi sono programmi che raccontano l'identità italiana. Quando vai su un territorio, l’agricoltura la racconti, sì, ma come figlia della cultura, dell'artigianato, del design, della storia religiosa, della storia dei popoli, delle comunità, di tutto quello che compone la nostra identità nazionale. Anche perché sono convinto che noi ereditiamo l'infinito privilegio di essere nati in Italia e non altrove. Ereditiamo l'enorme bellezza che abbiamo il compito di custodire nel presente e per il futuro, per le nuove generazioni. Spesso siamo inconsapevoli di questa fortuna che ci è stata assegnata senza che avessimo alcun merito.

Nel corso della sua carriera si è trovato ad intraprendere ruoli da inviato di politica, cultura e costume per numerosi quotidiani nazionali, e nei panni di autore e conduttore di programmi radiofonici e televisivi.
In quale di queste vesti si è sentito maggiormente a suo agio?
Tutta la mia vita è la risposta alla seguente domanda: “Che fai nella vita?” Scrivo. Io mi percepisco uno scrittore. Esistono diverse declinazioni della scrittura: si può scrivere di televisione, di teatro, si possono scrivere romanzi, poesie. Anche la televisione è scrittura per immagini, e a me piace raccontare.
Nella mia vita il posto in cui mi sento più a mio agio è quando salgo sul palco e si spengono le luci: lì divento totalmente me stesso. Sono capace di essere molto più diretto, spudorato, autentico di quanto potrei essere a tu per tu con una persona.
Lei è stato più volte protagonista anche a teatro grazie alla sua passione per la poesia e per la musica.
Ci racconta come è nata e in che modo ha contribuito alla sua formazione?
Io ho cominciato a suonare un organetto a sei anni, ho cominciato a studiare jazz a dieci, ho cominciato a cantare a quattordici, a sedici anni suonavo a Taranto nella mia città in band abbastanza conosciute.
È una passione carsica che ogni tanto è esplosa, ogni tanto si è assopita, è scomparsa, ed è ritornata prepotentemente negli ultimi tre anni, quando ho compreso che senza il teatro, senza il palco, senza il mettermi in scena a suonare, cantare, recitare, scrivere, non sono me stesso.
Durante i suoi anni in Rai, in qualità anche di dirigente, quali sono i successi di cui si sente più fiero? Quali sono i segreti dietro i più grandi successi dei programmi Rai?
Il successo a cui sono più legato è il frutto di un anno di incessanti “opere di persuasione” a Gigi Proietti, fin quando lo convinsi, nel 2017, a mettere in scena Cavalli di Battaglia, che poi è diventato il suo testamento artistico televisivo. Una persona incredibile con cui ho avuto la fortuna di passare quattro mesi felicemente reclusi a Montecatini per registrare quelle puntate. Questa è la mia più grande soddisfazione su un evento.
La mia più grande soddisfazione, invece, come dirigente televisivo è aver creato la grande famiglia di programmi di territorio. Erano tre, adesso sono più di dieci. E oltre alle Linee che comunque hanno accresciuto gli ascolti in modo incredibile negli ultimi otto anni, hai un programma epico, narrativo come Il provinciale, l'archeologia con Origini, tutti gli spin off di Linea Verde dedicati all'artigianato, al design, al turismo ecosostenibile e così via. Quindi i programmi identitari, i quali, come abbiamo detto al Prix Italia a Napoli, raccontano l'Italia come il set televisivo più bello del mondo.
Io sono convinto che i programmi fuori dagli studi televisivi siano molto più belli di quelli in studio, ma è una mia felice “perversione” personale.

Quali sono i progetti teatrali che ha in mente di portare in scena prossimamente?
A dicembre parte Ripetizioni d'amore che è uno spettacolo teatrale da cui è nato un podcast che sarà online dal 10 novembre.
Questo è uno spettacolo che nasce dalla domanda: “Che cos'è l'amore oggi?”. E per capire che cos'è l'amore oggi, sono tornato a studiare filosofia, psichiatria, sessuologia, letteratura. Ripetizioni d'amore è quello che ho capito come se fossi andato personalmente a ripetizioni: lo ripeto su un palco, attraverso la musica, la letteratura, il teatro, la performance, il dialogo con il pubblico. Credo che questo spettacolo andrà in giro per parecchio tempo, mi auguro possa fare tappa anche a Napoli.
In un territorio come quello di Taranto, che certamente ha presentato le sue difficoltà nel corso degli anni, in che modo si è adoperato per la valorizzazione di questa città?
Taranto è la mia ossessione felice ed infelice. È la mia nostalgia, è casa, è la mia piccola patria, è il posto in cui sono nato, dove ho vissuto i miei grandi amori, dove ho lasciato le mie grandi sofferenze. È il posto che mi ricorda mio padre che ho perso a tredici anni, che mi ricorda i miei genitori che si sono conosciuti dentro l’Italsider di Taranto. Qui è nato un grande amore che è finito troppo presto.
È anche il posto in cui affiorano le mie radici che trasmetto ai miei figli.
Mia figlia è romanissima, di Roma Nord, ma quando è partita per un anno per il Canada, si è tatuata le coordinate della casa dove io sono nato a Taranto, e della nostra villa al mare in provincia di Taranto dove andiamo tutte le estati. È proprio lì, nei momenti in cui sono insieme ai miei figli, che penso: se una ragazza di vent’anni che è nata altrove, che vive nella borghesia romana, dice che lei si sente più tarantina che romana, ciò mi fa credere che il compito di trasmettere le radici ai propri figli è un compito che è stato assolto da parte mia.
La ringraziamo per essere stato con noi. Ci auguriamo che possa continuare a contribuire alla buona qualità dei programmi Rai e che possa proseguire il suo successo professionale.
Rivista online registrata al Tribunale di Napoli n. 43 del 23/03/2022
Direttore: Lorenzo Crea
Editore: Visio Adv di Alessandro Scarfiglieri
Insight italia srl (concessionario esclusivo)
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