Autore: Luigi Graziano Di Matteo • 26/09/2025 13:42
Amedeo Colella è uno scrittore e storico, oggi conosciuto come divulgatore della cultura e della storia napoletana. Laureatosi in Economia, si è specializzato in informatica: per oltre 25 anni ha lavorato in un centro di ricerca informatica promosso dalla Federico II. Nel 2017, Amedeo Colella ha deciso di perseguire la sua passione per la napoletanità, che lo ha reso famoso grazie ad iniziative come spettacoli teatrali, corsi per giovani e format televisivi dedicati alla promozione e alla valorizzazione della lingua napoletana.
Le due cose sono in qualche modo intimamente legate. Io lavoro da 25 anni in un centro di ricerca informatico promosso dalla Federico II, però ho coltivato sempre la mia passione, che era quello dello studio della napoletanità intesa in senso ampio, quindi tutte le eccellenze di questo popolo: arte, lingua, storia, cultura, gastronomia. Per questo ho scritto libri sia sui modi di dire, che sulla lingua, che sulla storia gastronomica. Un lavoro ad ampio raggio.
Però ho sempre usato un metodo “informatico”. Io oggi dispongo, per esempio, di un archivio enorme, e questo fa la differenza con altre persone.
Sai quelli che raccontano le barzellette? C’è quello che le ricorda tutte quante, e quindi crea in qualche modo un database, e un altro a cui, invece, appena gli chiedi “mi dici una barzelletta?”, non se ne ricorda nemmeno una. Ecco, se qualcuno mi dà un'informazione utile, io la memorizzo in qualche angolo del mio cervello, ma poi creo proprio un vero e proprio database. Quindi ho usato un metodo informatico per lavorare su un argomento meraviglioso, che poi era la napoletanità.
Però tutto questo deve essere condito appunto da passione, perché altrimenti se diventa un puro strumento informatico non se ne fa nulla.
Io provo a dare un senso a tutte le mie attività. Spesso poi mi chiedo, “ma tutto questo dove porta?”. Certo, sicuramente il senso di appartenenza dell'intero popolo napoletano sta aumentando. Prima magari eravamo più inclini all'autofustigazione, oggi invece siamo veramente orgogliosi di far parte di questo popolo e questo, secondo me, aiuta pure nell'organizzarsi meglio.
L'esperienza al carcere minorile rientra in quelle cose che ho provato a fare per dare un senso più concreto alla mia vita. Avevo pensato che anche i ragazzi giovanissimi che hanno sbagliato, magari coinvolti in un processo di orgoglio dell'appartenenza al popolo, potessero essere aiutati a imboccare una via più corretta.
L'esperienza purtroppo poi non si è più ripetuta, e questo in qualche modo mi è dispiaciuto. Un minimo di contributo spero di averlo potuto dare, anche se, in tutta onestà, devo dire che è davvero complicato parlare di argomenti così divulgativi a un gruppo di persone ristretto. Però comunque io dico che il tentativo va sempre fatto: anche se il risultato può essere modesto o addirittura nullo, questo non deve giustificare il fatto che ci si rinunci, bisogna sempre tentare.
D'altronde Napoli si è sempre qualificata (almeno questo ce lo riconoscono!) come una città sempre di integrazione, di accoglienza. Napoli non ha mai lasciato indietro gli ultimi, Napoli ci ha sempre tentato.
Napoli, voglio dire, è la città del caffè sospeso, è la città di Giuseppe Moscati che teneva il panaro all'ingresso in cui c’era scritto “chi può lasci, chi non può prende”. È la città che ha sempre partecipato a processi di inclusione, e questo è uno dei motivi di orgoglio del nostro popolo.
Proprio recentemente ho letto un articolo in America che addirittura diceva “Napoli è morta”, ma che stiamo dicendo? Sì, i processi di turistificazione hanno messo a dura prova la città di Napoli, il problema esiste, ma Napoli è tutt’altro che morta, è una città estremamente vitale, che anzi sta reagendo anche a livello istituzionale ai problemi della turistificazione.
Io dico che Napoli ha appreso, forse attraverso anche la sua storia e tutte le bibliche calamità che l'hanno riguardata, la resilienza: oggi si abusa di questo termine, però la storia ci ha forgiato con un carattere particolare, noi riusciamo a dare il giusto peso alle cose. Nel mondo dicono che noi siamo sempre in grado di stemperare un po' le situazioni, di riuscire a trovare il bandolo della matassa, questa capacità ce la riconoscono come capacità di problem solving, noi a Napoli invece la chiamiamo una “pezza a culore”, quindi riusciamo sempre a uscire fuori dalle complicazioni.
Allora io ho provato a giocarci su, come se Napoli fosse una medicina, da assumere due volte al dì, preferibilmente a stomaco vuoto, anche se in questa città si mangia così bene che alla fine lo stomaco non è mai vuoto.
Questo è il mio primo libro che ho pubblicato con la Mondadori, e Mondadori mi ha chiesto di fare questo libro e ha detto: “la parola Napoli deve essere nel titolo”. Questo significa che Napoli ormai è diventata un brand riconoscibile a livello nazionale e forse anche internazionale, e fra le varie ipotesi di titoli proposti, in cui appariva sempre la parola Napoli, ho scelto questo che per me era quello più significativo, aderente in qualche modo a quello che io pensavo di trasmettere nel libro. Napoli è una cura, è un rimedio.

In realtà questo era uno slogan del film Benvenuti al Sud, in cui Alessandro Siani diceva “chi viene al sud piange due volte”, però va benissimo anche per Napoli. Ed è vero perché, quando vieni, vieni carico di pregiudizi: sei convinto che Napoli sia una città pericolosa, una città dove nessuno porta il casco, una città con gente pronta a imbrogliarti, a derubarti.
Arrivi qui e scopri invece che è una città meravigliosa, dove la gente è disponibile, è aperta, è franca, ti aiuta in tutti i modi, quindi i primi pregiudizi vengono smentiti. Ma poi se ne creano altri: mi fanno ridere i turisti che stanno qua cinque giorni e poi dicono “ho capito Napoli”. È una città difficile da capire, noi l'abbiamo capito da noi che ci abitiamo da 60 anni, figuriamoci!
Ecco, in questo senso si piange due volte.
Oggi, nell'era di Internet, l'immagine che si dà di un posto è molto importante e Napoli ha lavorato bene: anche le istituzioni cittadine hanno lavorato bene nel dare un'immagine attrattiva, positiva di questa città, quindi smontando i pregiudizi, i luoghi comuni che si facevano su Napoli.
Poi c’è anche la diversità: Napoli è una città veramente diversa da tutte quante le altre e questa diversità attrae, perché Napoli e Palermo, se vogliamo fare l’esempio di due città italiane, una volta erano due città da cui ci si teneva lontano. Andavano a vedere i centri storici, ma se tu vai a vedere le vie dello shopping di Roma, Torino, Firenze, Milano, alla fine è sempre la stessa sequenza, gli stessi negozi…
A Napoli trovi ancora invece qualcosa che è realmente autentico. La turistificazione, certo, ha cambiato molte cose, nel senso che magari su Via Tribunale, nel centro storico il numero di luoghi dove si mangia è diventato probabilmente eccessivo, però questo è il libero mercato che si muove e le istituzioni stanno intervenendo per arginare questo fenomeno.
Io da turista, se dovessi andare in una città da esplorare, cercherei una città che abbia un’identità forte, quindi per questo motivo, secondo me, Napoli è riuscito a diventare una delle mete più interessanti al mondo.
Io mi sono innamorato del teatro, addirittura ho creato una piccola compagnia teatrale, roba da non credersi! Sono in cartellone in diversi teatri della regione e sono molto felice, addirittura farò uno spettacolo a Foggia, un altro a Foligno, inoltre andrò a Parma, a Reggio Emilia.
Insomma, Napoli è diventato un brand richiesto anche fuori dalla città di Napoli stessa. Ora, io non porto il messaggio oleografico napoletano come Pulcinella (con tutto il massimo rispetto, è uno dei personaggi centrali anche dei miei spettacoli), però cerco di portare un messaggio innanzitutto ironico, sarcastico, dissacrante. A me piace giocare molto con la napoletanità, con la storia: ho sempre pensato che se uno parla di Ferdinando Borbone, dei re in maniera dotta, accademica, dopo tre minuti hai perso l'uditorio. Se ne parli in maniera divertente, partendo sempre dalle cose vere, l'uditorio rimane un po' più attento.
Quindi il teatro mi piace molto, e sto facendo molti congressi: mi invitano per fare il benvenuto a Napoli in congressi medici, finanziari, e questo mi fa molto piacere perché sono un tipo di lavoro che adoro. Chi avrebbe mai pensato di trasformare in lavoro quella che era una semplice passione!
I 2500 anni sono una convenzione, è un gioco. Napoli è una città festaiola, è una città che ama, ma nessuno nel 475 a.C. è arrivato qua a Sant'Aniello a Caponapoli fondare la Neapolis, la nuova città. È una convenzione.
E poi si è scelta proprio la data del 21 dicembre che è il solstizio d'inverno: anche questa è una data convenzionale, significativa per tanti popoli della terra, che ha tutta una serie di mitologie legate a questa data.
Quindi Napoli è diversa dalle altre anche su questo, è una città che ha un compleanno, ma è la scusa per fare migliaia di iniziative. Quest'estate, ci sono stati concerti, teatro, dibattiti sulle donne. Voglio dire, se questo serve, se convenzionalmente vogliamo festeggiare un compleanno, e lo festeggiamo con tante iniziative fruibili da napoletani e da turisti, secondo me ben venga l'idea anche di fare il compleanno della città di Napoli.
Io sto realizzando una serie di video, anche per il comune di Napoli, perché questa cosa dei 2500 anni viene spesso confusa. È 2700-2800 anni fa che i greci di Cuma fondarono il primo nucleo sull'isoletta di Megaride e crearono il nucleo originario che si chiamerà Parthenope, in omaggio alla tomba della sirena Partenope.
Però qualche secolo dopo, per convenzione nel 475 a.C., i Greci cumani decisero di rifondare la città da un'altra parte, nella zona dell'attuale centro storico: i tre decumani, Sant'Aniello a Caponapoli, dove era l'altura.
Ed è questa la città che oggi viene celebrata: per convenzione abbiamo questa data, 475 a.C., più 2025 l'anno da adesso, il totale fa 2500, quindi “è la somma che fa il totale”!
Per cui si è deciso di celebrare questa nuova città rifondata, Neapolis, che peraltro non ha neanche un nome! Il primo nucleo lo chiamarono Parthenope, in omaggio alla tomba della sirena Partenope. Quando la rifondarono, qualche greco disse: “diamogli un nome a questa città, chiamiamola in qualche modo, ma adesso non mi viene niente! Facciamo così, per il momento chiamiamo la città nuova, Neapolis! Poi vediamo.”
E le cose provvisorie spesso diventano definitive, e dopo 2500 anni, noi siamo ancora Neapolis, Napoli.
Chiedo a tutti che l'interesse verso la nostra città vada sempre crescendo, perché io penso che la cultura sia uno snodo centrale per un'offerta cittadina che non sia solo gastronomica, ma che sia artistica, culturale e soprattutto paesaggistica. Napoli è una città che si gode anche nel silenzio. Ricordo la canzone Libero Bovio, Silenzio cantatore: “nun te dico parole d’ammore, ma t’ ‘e ddice stu mare pe’mmé”.
Quindi anche se non dicessi nulla, se non facessi nessuno di questi video, io penso che Napoli sarebbe comunque attrattivo ugualmente, perché è la città stessa che ti parla e ti trasmette sensazioni meravigliose.
Quindi saluto tutti i lettori di InItaly e speriamo di rivederci presto!
Grazie mille per essere stato con noi!
Seguite Amedeo Colella su Instagram!
Rivista online registrata al Tribunale di Napoli n. 43 del 23/03/2022
Direttore: Lorenzo Crea
Editore: Visio Adv di Alessandro Scarfiglieri
Insight italia srl (concessionario esclusivo)
Rivista online registrata al Tribunale di Napoli n. 43 del 23/03/2022
Direttore: Lorenzo Crea
Editore: Visio Adv di Alessandro Scarfiglieri
Insight italia srl (concessionario esclusivo)