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Pan di Zucchero: il gigante bianco che custodisce memorie di miniera

Autore: Redazione 30/09/2025 19:54

C'è un punto della costa sarda dove il tempo ha scolpito un prodigio di pietra. Il Pan di Zucchero emerge dalle acque turchesi del Sulcis come un dente di Leviatano, una cattedrale calcarea alta 133 metri che sfida le onde con la sua massa imponente. Il nome inganna: non c'è nulla di dolce in questa torre di roccia bianchissima, battuta dai venti maestrali e levigata da millenni di risacca salata.

Avvicinarsi in barca è un'esperienza che mozza il fiato. Il motore rallenta, il silenzio si riempie solo del grido acuto dei gabbiani che nidificano nelle fenditure della roccia. Alzi lo sguardo e devi piegare il collo all'indietro: le pareti verticali sembrano non finire mai, striata di venature grigie e ocra che raccontano la storia geologica di un'isola antichissima. L'acqua intorno è di un blu cobalto profondissimo, così trasparente che si vedono i fondali rocciosi dove nuotano branchi argentati di spigole.

Ma è guardando verso terra che il paesaggio regala il suo contrasto più drammatico. Alle spalle del faraglione si ergono le falesie rosse e ocra di Masua, segnate dalle gallerie minerarie che per decenni hanno strappato piombo e zinco dalle viscere della montagna. La Galleria di Porto Flavia, scavata a picco sul mare, si apre sulla parete rocciosa come un occhio spalancato sull'infinito: da lì i minerali venivano caricati direttamente sulle navi, in un'operazione ardita che oggi sembra fantascienza.

Il tramonto qui diventa liturgia. Il sole scivola dietro l'orizzonte tingendo il Pan di Zucchero di sfumature dorate e ambrate, mentre il mare si accende di riflessi violacei. Le rocce rossastre della costa esplodono in tonalità cremisi e porpora, e l'antico sito industriale si trasforma in un paesaggio lunare dove natura e storia umana convivono in un equilibrio straniante.

Il profumo è quello del mare aperto: salsedine pura, essenza di mirto che scende dai dirupi, un retrogusto ferroso portato dai venti che soffiano tra le vecchie strutture minerarie. Quando l'onda si infrange contro la base del faraglione, produce un boato sordo che riecheggia tra le pareti, una voce primordiale che parla di forze titaniche e pazienza geologica.

Nuotare in queste acque è immergersi in un acquario naturale: i fondali brulicano di polpi che cambiano colore, cernie curiose che ti osservano da sotto le rocce, praterie di posidonia che ondeggiano nella corrente come campi di grano sottomarini.

Come arrivare: Da Iglesias si percorre la SP83 fino a Masua (circa 20 km). Parcheggio presso la spiaggia. Il Pan di Zucchero si ammira dalla costa o via mare con escursioni in gommone (partenze da Porto Flavia). Visita guidata alla Galleria di Porto Flavia consigliata per comprendere la storia mineraria del sito.

Photo credits: https://www.flickr.com/photos/roberto_ferrari/ - licensed under the Creative Commons Attribution-Share Alike 2.0 Generic license.

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