Autore: Redazione • 30/09/2025 20:11
Certi luoghi parlano in due lingue: quella della furia e quella della preghiera. L'Orrido di Sant'Anna è uno di questi miracoli d'equilibrio, dove il Cannobino si insinua rabbioso tra fenditure di roccia verticali, scavando pareti di granito levigate da secoli di acqua impetuosa, mentre una piccola chiesetta bianca si aggrappa alla sommità della gola come un nido impossibile.
Il sentiero scende con decisione tra castagni profumati e noccioli selvatici. L'aria cambia gradualmente: diventa più fresca, carica di quella umidità minerale che annuncia la vicinanza dell'acqua. Poi, improvvisa, compare la forra: una ferita stretta e profonda nella montagna, dalle pareti così lisce e verticali da sembrare tagliate col bisturi. Il Cannobino vi si precipita dentro con forza primordiale, creando vortici smeraldini e rapide schiumose che riempiono lo spazio ristretto di un boato continuo e ipnotico.
Attraversi ponticelli di legno sospesi sul vuoto. Sotto di te l'acqua scorre con violenza trasparente: è di un verde giada luminosissimo, così cristallina che vedi ogni sasso levigato sul fondo, ogni gioco di corrente, ogni bolla d'aria che sale ruotando verso la superficie. Le rocce hanno colori sorprendenti: grigio argento striato di rosa, ocra bruciato, venature bianche lattee dove il quarzo affiora come ossa della montagna. L'erosione millenaria ha creato marmitte naturali perfettamente circolari, pozze profonde dove l'acqua turbina formando mulinelli ipnotici.
La gola si stringe ancora, le pareti si avvicinano fino quasi a toccarsi. La luce del sole filtra dall'alto in lame oblique e dorate che attraversano la penombra fresca, illuminando la foschia d'acqua sollevata dalle rapide. In questi fasci luminosi danzano goccioline minuscole che creano arcobaleni fugaci, spettri di colore che appaiono e svaniscono in un battito di ciglia. Il profumo è intenso e pulito: acqua freddissima, muschio saturo, felci rigogliose che crescono nelle fessure più umide, un retrogusto ferroso portato dalla roccia bagnata.
E poi, come una visione, appare lei: la chiesetta di Sant'Anna, arroccata sul ciglio dell'abisso. È piccola, essenziale, con la facciata bianca che contrasta drammaticamente con il verde cupo del bosco circostante e il grigio selvaggio delle rocce sottostanti. Ci arrivi per un sentiero ripido che sale tra le felci, e quando varchi la soglia della piccola cappella il contrasto è straniante: dentro regna un silenzio assoluto, quasi irreale dopo il fragore della forra. Le pareti nude, le poche panche di legno scuro, l'altare semplice illuminato da una finestra che inquadra perfettamente la gola sottostante.
Da qui, dal sagrato minuscolo che si affaccia sul baratro, lo spettacolo è mozzafiato. Vedi l'Orrido nella sua interezza: quella ferita profonda nella montagna, l'acqua che si getta furente tra le pareti, i boschi che si arrampicano sui fianchi delle rocce, e in lontananza il blu cobalto del Lago Maggiore che brilla come uno specchio levigato. Il vento porta con sé il profumo del lago - alghe dolci, acqua calda, sabbia - mescolandolo a quello più aspro e fresco della montagna.
Nei giorni di pioggia l'Orrido si trasforma in un teatro d'acqua furioso: il Cannobino gonfia, si fa minaccioso, riempie ogni anfratto con la sua potenza. Il fragore diventa assordante, la foschia sollevata dalle cascate avvolge tutto in un velo umido e grigio, le rocce brillano come ossidiana bagnata. È uno spettacolo di forza bruta che intimorisce e affascina insieme, che ti fa sentire piccolo di fronte alle energie colossali della natura.
Ma è nelle mattine limpide d'estate che l'Orrido rivela la sua anima più intima. Il sole penetra nella forra creando giochi di luce abbaglianti, l'acqua scintilla di mille riflessi, le pozze più tranquille diventano specchi perfetti che catturano il verde delle fronde sovrastanti. In queste pozze nuotano trote fario dalle livree maculate, fantasmi guizzanti che appaiono e scompaiono tra i sassi. Libellule azzurre sfiorano la superficie con voli acrobatici, mentre sui massi assolati si scaldano lucertole verdi smeraldine che fuggono al minimo rumore.
Il sentiero che percorre l'Orrido è un'esperienza in sé: scale di pietra antiche, passerelle metalliche che vibrano al passaggio, scalini scavati direttamente nella roccia dove generazioni di pellegrini hanno consumato la pietra. Lungo il percorso, cappellette votive testimoniano la devozione popolare, nicchie scavate nella roccia dove ardono candele tremolanti anche nelle giornate più ventose. C'è qualcosa di profondamente commovente in questa convivenza tra il selvaggio e il sacro, tra la furia dell'acqua e la quiete della preghiera.
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Rivista online registrata al Tribunale di Napoli n. 43 del 23/03/2022
Direttore: Lorenzo Crea
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