Autore: Redazione • 17/09/2025 16:27
Napoli da sempre è caratterizzata da un forte dualismo: realtà e legenda, fede e superstizione, sacro e profano. Un dualismo che innegabilmente respira anche grazie ai suoi cittadini, da secoli legati all’inconfondibile storia del miracolo di San Gennaro. Capiamo meglio insieme di cosa si tratta, della legenda, del rito, delle tradizioni e di certo anche degli immancabili dubbi che si celano dietro questo cosiddetto miracolo, che resta in ogni caso cuore pulsante della cultura partenopea.
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Una storia antica: il martirio e la legenda
San Gennaro, oggi patrono e protettore di Napoli, fu vescovo di Benevento, martirizzato il 19 settembre del 305 d.C, durante le persecuzioni dei cristiani, ad opera dell’imperatore Diocleziano. Stando alla tradizione dopo la decapitazione, una donna di nome Eusebia, nutrice e devota del santo, raccolse il suo sangue in due ampolle. Da quel momento la reliquia divenne simbolo della memoria del Santo, nonché oggetto di venerazione popolare. Questo perché, secondo la tradizione, il sangue di San Gennaro si scioglierebbe, tre volte l’anno, davanti agli occhi di migliaia di fedeli, in un rito che inevitabilmente finisce per unire religione, folklore e carattere partenopeo.
Con il passare dei secoli, però, il culto di San Gennaro ha acquisito forme sempre più vistose e singolari: sembra infatti che i fedeli chiedessero sempre più numerosi di esser sepolti accanto alle spoglie del santo. Ben presto, inoltre, la devozione si concretizzò in doni, anche particolarmente preziosi, dando vita a un tesoro tutt’oggi di inestimabile valore.
I tre miracoli dell’anno
La tradizione vuole che il miracolo si ripeta tre volte l’anno: la prima volta coincide col sabato che precede la prima domenica di maggio, proprio in memoria della traslazione delle reliquie da Pozzuoli a Napoli. Il busto del santo e le ampolle sfilano in processione fino alla Basilica di Santa Chiara, accompagnati dai busti dei compatroni. Il 19 settembre, invece, rappresenta l’anniversario del giorno del martirio: è l’evento più noto della cultura religiosa, nonché folkloristica, partenopea. Non a caso in questa occasione l’intera città si raccoglie nel Duomo, in trepidante attesa del miracolo. Il 16 dicembre, infine, si celebra la festa del patrocinio di San Gennaro: anche in questa occasione ci si aspetta lo scioglimento del sangue nell’ampolla, in ricordo, in particolare, dell’eruzione del Vesuvio del 1631, quando, stando alla legenda, il sangue si sciolse e la lava si arrestò miracolosamente alle porte della città.
A differenza di quanto si possa pensare, lo scorrere degli anni non ha certo indebolito la forza di questo culto che tutt’oggi coinvolge e appassiona migliaia e migliaia di persone, che ogni anno si riuniscono, aspettando che il compare di fazzoletto, al fianco del cardinale reggente l’ampolla, lo sventoli per annunciare l’avvenuto prodigio.
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Tra i protagonisti della cerimonia ci sono le famose “parenti di San Gennaro”, le quali si trovano in prima fila, impazienti di assistere alla liquefazione del sangue di San Gennaro. Si tratta di donne del popolo, per lo più anziane. Stando alla legenda queste dame custodirebbero col Santo un legame speciale. Intonano canti e invocazioni, piene della consapevolezza che la loro voce e la loro fede aiuti il sangue a riprendere vitalità, a fluire nuovamente. Le “parenti”, però, non sono semplici spettatrici. La tradizione popolare le colloca come discendenti di San Gennaro e di Eusebia. Da qui il loro nome: parenti, familiari del santo, o per meglio dire custodi di un rapporto talmente raro e intimo che consente loro di chiamarlo persino “faccia ‘ngialluta”, chiaro riferimento al colore dorato del busto che lo raffigura. Sembra addirittura che queste donne rimproverino il prodigio, quasi fosse un loro figlio testardo, nel momento in cui tarda a manifestarsi. San Gennaro non è solo un patrono per loro: è un figlio da incitare al ritorno alla vita, in tutte le forme possibili dalle parole, passando per i canti, le lacrime e ultima, non per importanza, la grande fede che le lega a questo culto.

Fede e scienza: un mistero che resiste
Se i fedeli non hanno alcun dubbio che lo scioglimento del sangue sia un miracolo, la scienza invece ci vede ancora un enigma. E’ ciò che è emerso da un articolo pubblicato su Nature, in cui alcuni ricercatori del CICAP, guidati da Luigi Garlaschelli, hanno mostrato di essere riusciti ad ottenere una sostanza dal colore simile a quello del sangue mescolando molisite (un minerale del Vesuvio), sale da cucina e carbonato di calcio. A differenza di quanto sostiene la Chiesa, secondo gli studiosi il fenomeno legato allo scioglimento del sangue di San Gennaro potrebbe essere spiegato dalle proprietà tissotropiche di questa miscela, ovvero la capacità di passare dallo stato solido a quello liquido nel momento in cui viene agitata. L’ abate Vincenzo De Gregorio, il quale da oltre un decennio custodisce e mostra le ampolle durante il rito, ci ha tenuto a precisare, però, che il comportamento del sangue di San Gennaro non è mai prevedibile. Stando a quanto affermato dall’abate, infatti, alcune volte il contenuto si scioglierebbe immediatamente, persino quando si trova ancora all’interno della cassaforte, mentre altre volte, invece, sembrerebbe non accadere nulla. A confermare la presenza di sangue all’interno delle ampolle, inoltre, sarebbero venute in soccorso delle analisi spettrometriche. Ciononostante, il fisico francese Michel Mitov, nel suo libro Matière Sensible, avrebbe avanzato un’ulteriore ipotesi. Il francese sostiene infatti che il contenuto dell’ampolla potrebbe essere costituito da spermaceti, tipica sostanza cerosa ricavata dai capodogli, accompagnata da una soluzione d’argilla. Questi due materiali sono noti per reagire a stimoli fisici e variazioni di temperatura. Già nel 1991, il CICAP aveva riprodotto sperimentalmente una sostanza tissotropica simile a quella che sostiene potrebbe trovarsi all’interno della reliquia, suggerendo quindi che si tratti di un composto capace di alternarsi dallo stato solido a quello liquido, e non di sangue autentico come vorrebbe la tradizione. Tuttavia,è importante specificare che non è mai stata concessa l’autorizzazione ad analizzare direttamente l’ampolla, per cui per molti fedeli, e non solo, il fenomeno rimane tutt’oggi un mistero.
San Gennaro: simbolo eterno di Napoli
Che si creda al miracolo o lo si ritenga un fenomeno spiegabile dal punto di vista scientifico, non è da sottovalutare il grande legame affettivo che lega i napoletani a San Gennaro e anche l’esigenza di avere vicino una figura che sembri non abbandonarli mai. Ecco perché è riduttivo definire San Gennaro semplicemente il santo protettore di Napoli. San Gennaro è molto di più per la popolazione partenopea: è un volto familiare, una certezza a cui affidarsi nei momenti di difficoltà, perché fino a quando il suo sangue continuerà a sciogliersi, Napoli saprà di avere luce a cui aggrapparsi anche nel buio più totale.
Credit photo: cappelladisangennaro.it
Rivista online registrata al Tribunale di Napoli n. 43 del 23/03/2022
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